Quest'oggi, recandomi al lavoro, ho fatto la solita deviazione entrado nel negozio dei miei per salutare mio padre. Mio padre se non va al negozio due ore prima dell'orario di apertura a fare qualcosa, fosse anche stare seduto al buio, non è contento. Sono entrato abbassandomi per passare sotto la serranda chiusa a metà. In negozio non c'era e quindi sono andato nel retro. Niente neanche li, ma dei rumori arrivavano dal bagno. Mio padre era impegnato nel montare una scaffalatura ed aveva la testa pericolosamente sotto una mensola. Sarebbe bastato davvero poco per farlo spaventare facendogli sbattere la testa. Non me la sono sentita e così l'ho chiamato piano. Non è successo niente. Gli ho detto che stavo andando ad aprire il mio di negozio e basta. Nessuno spavento, nessuna botta, nessun divertimento, nessuna risata. Sto perdendo colpi, non ne ho voluto approfittare. Poi mentre attraversavo il tragitto al contrario, dal bagno al magazzino, dal magazzino al negozio, ci ho ripensato. Se fossi piombato nel bagno ora, l'effetto sorpresa sarebbe stato maggiore, un botto più forte. Stronzo il doppio. Però non ce l'ho fatta. Queste cose non si fanno.
Da bambino con mio cugino ho finto una litigata. Da bambino vuol dire cinque, sei anni. Abbiamo finto di litigare così alla fine ho urlato: - Basta! Me ne vado! - e poi ho aperto la porta, l'ho sbattuta e sono andato a nascondermi sotto al letto, per uscirne qualche tempo dopo. Ebbene quanto ridemmo nel sapere che mio nonno era andato a cercarmi "per tutta Ortona" in macchina. Ma quanto piangemmo quando proprio in quel momento rientrò mio nonno e ci schiantò di botte. Ci schiantò di botte perchè queste cose non si fanno.
Non eravamo tanto più grandi quando sempre con mio cugino ci divertivamo a giocare con la "carretta". La carretta era una scatoletta di legno su quattro rotelline dove il mio culo ci entrava giusto giusto. Venivo spinto per tutta casa. Forse la carretta faceva un casino infernale, ma almeno non rompevamo le palle più di tanto. Poco dopo, la cariola così com'era non ci bastava più.
Abbiamo iniziato a cololarla con pastelli. Il problema è che ci stancavamo subito di quelle decorazioni e così decidemmo di cancellare tutto lavando la carretta. Abbiamo usato uno straccio per i pavimenti. Lo straccio buono. Insomma l'abbiamo ridotto una merda. Ricordo che mia nonna si incazzò molto. Si incazzò perchè queste cose non si fanno.
Eravamo proprio delle gran teste di cazzo mio cugino ed io. Ricordo che più il tempo passava e più utilizzavamo mezzi sofisticati per fare incazzare mia nonna. In quei tempi si era adolescenti. Ero novello possessore di una fighissima SOUND BLASTER PRO 2.0. Ci si potevano fare cose favolose per i tempi. Armati di microfono abbiamo urlato "Nonna?!" ed abbiamo lasciato che la magica scheda e delle casse acustiche a tutto volume lo ripetessero all'infinito. Non proprio all'infinito. Abbiamo staccato tutto quando sentimmo la nonna che da qualche parte della casa urlava, nel locale idioma dialettale: "Oh! Sto per urlare come una matta". In realtà stava già urlando, e faceva bene, perchè queste cose non si fanno.
Mandare una "catena di Sant'Antonio" cartacea a mio padre solo perchè al corrente della sua superstizione? Queste cose non si fanno.
Dare a mio padre da mangiare la cera del "Galbanino" modellata a mo di caramella? Queste cose non si fanno.
Farlo ridere mentre si beve il caffè dopo pranzo e fino a farglielo uscire dalle froge del naso? Queste cose non si fanno.
... E' una forma meno invalidante del disturbo bipolare ed è caratterizzata da periodi alternanti di depressione e di ipomania. Ci sono dei periodi di normalità in cui l'umore è stabile, che non durano però per più di due mesi.Il ciclotimico soffre l'alternarsi di periodi di iperattività, creatività e spirito di iniziativa, con periodi di apatia, lentezza di riflessi e difficoltà nella concentrazione.Nelle fasi di ipomania si intraprendono progetti anche grandiosi affrontati con entusiasmo per poi essere abbandonati appena sopraggiunge la fase depressiva. Tuttavia la ciclotomia non è mai così grave da compromettere la vita sociale e lavorativa dell'individuo.
Una volta ho svitato la lavagna al mio professore che soffriva di sclerosi multipla, sapendo che lui, inadatto ai movimenti, si sarebbe beccato la lastra sulla schiena. Ho aggiunto alla cattievria pura dell'adolescente, l'accanimento terapeutico a vivo, per arrivare ad una umiliazione pubblica dello storpio davanti ai suoi ammutinati scolastici. Se esiste un Dio, sarò punito solo per questo.
RispondiEliminaAhaHah si ma poi? POI?! :-) insomma ormai voglio tutta la vicenda!
RispondiEliminaEravamo seduti davanti in quattro (gli altri tre ora, sono noti avvocati locali). La lavagna era a portata di piede. Ala ricreazione svittamo il perno di rotazione della lavagna e la mettemmo in modo che necessitasse di essere raddrizzata per potervi scrivere. Entrò il professore e andò alla lavagna. Continuava a parlare ma non si decideva a girare sta kazzo di lavagnona di ardesia. Allora, allungai il piede e diedi una spinta leggera al tavolone in modo che lui, si trovasse proprio sotto mentre la lavagna svitandosi, cadeva. Il povero Gesualdo si accasciò sotto il peso della lastra, fra le risate generali. Credeva di essere stato lui e glielo facemmo credere a vita...
RispondiEliminaahaha! E immagino che dopo abbiate fatto anche i paraculo: "Professore! S'è fatto male? Si sente bene?"
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